saying…

C’è uno che racconta e uno che ascolta. Quello che racconta sa che quello che dice è vero ma sa pure che non sarà creduto. In giro non c’è molta gente disposta a fidarsi e quello che ha da raccontare sembra porprio una di quelle storie inventate. Cerca di non soffermarsi troppo sui particolari, sa bene che più uno ce ne mette e meno sembra vero. Prova a spiegare che nemmeno lui ci credeva mentre quello che racconta stava accadendo; che gli era sembrato un sogno; e che invece era vero. Ma sente che non sta funzionando; lo capisce dagli occhi di quello che ascolta; dal tremare delle sue labbra che cercano di interromperlo e che lui tenta di fermare riempiendo di enfasi le proprie parole. Enfasi, attese, pause, accelerazioni… e tutto di colpo non sembra più convincere nemmeno lui. Lui che è stato lì; lui che l’ha fatto davvero sembra non crederci più. I brividi sulle labbra di chi gli sta davanti si mutano in un sorriso e tutto svanisce. Come fumo, come vapore. Il bello delle cose normali -pensa- è che le persone a cui le racconti ci credono e non ti devi ammazzare perchè sembrino vere. Forse il prezzo di essere tanto belle le cose speciali lo pagano col peso di un’incredulità che lui non è mai riuscito a vincere; nemmeno piangendo, nemmeno sorridendo. Eppure in questo momento, mentre scrivo questo post, dopo storie su storie su storie date in pasto a cuori già sazi o impauriti da indigestioni future o disgustati da abbuffate passate, lui un modo l’ha trovato. Il modo è racontarlo a LEI. Alla ragazza ubriaca, alla ragazza triste che sta bene; a lei tutto il suo vero sembra vero e tutto il suo falso sembra falso… 
 
Soundtrack: Rural Alberta Advantage. Don’t haunt this place.

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